A Vinitaly è stata presentata la più grande indagine mai realizzata sul turismo del vino in Italia. I nodi irrisolti: il 44% delle cantine sono lontane dai circuiti turistici o enoturistici e la metà chiude al pubblico nel fine settimana e nei giorni festivi
Daniela Santanché, ministra del turismo, è arrivata a Vinitaly per parlare di enoturismo. L’occasione si è presentata con la presentazione della più grande indagine mai realizzata sul turismo del vino in Italia, a cura di Nomisma – Wine Monitor. Ha coinvolto 265 cantine e 145 comuni di distretti enologici per fotografare un turismo che accelera, con l’aumento nel numero e nelle tipologie delle esperienze offerte. Il tutto è avvenuto in un giorno speciale: si trattava infatti del trentesimo anniversario dalla fondazione del Movimento Turismo del Vino, che risale proprio al 3 aprile del 1993 ed è avvenuta a Verona. La celebrazione del trentennale ha visto l’unione di Città del Vino, Donne del Vino, La Puglia in Più e Movimento Turismo del Vino per evidenziare gli spettacolari dati di crescita di questo comparto.
SPINGERE SU APERTURE DOMENICALI
L’indagine diretta da Denis Pantini e realizzata da Roberta Gabrielli e Paola Piccioni va a costituire l’Osservatorio sul turismo del vino ed è la più estesa mai realizzata in Italia. Emerge che il 48% delle cantine fattura meno di 500 mila euro e la metà ricava dalla pura attività di enoturismo meno di 50 mila euro. I titolari della cantina sono uomini nel 55% dei casi, i responsabili della Wine Hospitality sono più frequentemente donne (73%). Il 44% delle Cantine è localizzata in un’area al di fuori da rilevanti flussi turistici o enoturistici, il 24% in un’area con forti flussi turistici, il 32% in un’area con forti flussi enoturistici. Il 31% definisce il proprio vino “sostenibile”, il 26% “convenzionale”, il 25% “biologico”. Il 99% delle cantine ha un proprio sito web, il 24% ha un proprio blog e il 48% una propria newsletter, il 31% si serve di un ufficio stampa. La presenza sui social è rilevante: il 99% dichiara di avere almeno un social e Facebook è ancora il più utilizzato per promuovere eventi, esperienze e prodotti. Tra le criticità principali, oltre alle dimensioni, c’è il grado di apertura nel fine settimana: il 57% tiene aperto il sabato mattina, il 43% nel pomeriggio, il 53% la domenica e nei giorni festivi. In sostanza, quasi una cantina su due chiude nei momenti di massima affluenza turistica. E poi solo il il 15% ha creato un Wine Club.
LE MOSSE SECONDO LA MINISTRA
“Le eccellenze italiane, come il vino, sono un forte traino per il turismo: un settore che può dare grandi possibilità occupazionali ai nostri giovani – ha detto il Ministro del Turismo Daniela Santanchè – Anche per questo dobbiamo investire nella loro formazione e per questo in legge di bilancio abbiamo istituito un fondo di 21 milioni di euro”. E ancora: “L’enoturismo cresce perché è legato a un’esperienza, vuol dire poter camminare nei vigneti: per vedere la vendemmia arriveranno 10 milioni di visitatori. Ma c’è ancora tanto da fare: primo la cartellonistica appropriata, poi potenziare il digitale e destagionalizzare il turismo per stabilizzare anche i lavoratori. La promozione è ancora troppo frammentata, deve essere organizzata: dobbiamo avere la capacità di fare rete”.
Alla ministra si unisce Dario Stefàno, docente di Economia delle imprese turistiche all’Università Lumsa e di Enoturismo alla Luiss Business School, a cui si deve il riconoscimento normativo sulle cantine turistiche del dicembre 2017: “Riempie di soddisfazione constatare come l’introduzione di una normativa agile ma puntuale, abbia messo le ali agli investimenti nelle cantine turistiche italiane che, negli ultimi 10 anni, hanno raddoppiato e in certi casi triplicato l’offerta di esperienze prevedendo intrattenimento, pasti, pernottamenti, serate a tema, esperienze legate al vino, allo sport e alla cultura”.
MTV: “FORTE CORSA DEL TURISMO
“Siamo molto soddisfatti – sottolinea Nicola D’Auria, Presidente nazionale Movimento Turismo del Vino – della crescita dei servizi enoturistici avvenuta negli ultimi 10 anni. E speriamo che tutte le Cantine del Movimento, comprese quelle lontane da itinerari e flussi turistici consolidati – criticità emersa in modo chiaro dalla ricerca – possano contribuire a risvegliare e coinvolgere i diversi territori. Ma un dato emerge in modo chiaro e incontrovertibile: se prima il turismo del vino viaggiava spedito, ora corre velocissimo. E non c’era notizia migliore per celebrare il 30° compleanno della nostra associazione”.
ACCOGLIENZA SOPRATTUTTO FEMMINILE
Donatella Cinelli Colombini, che 30 anni fa creò Cantine aperte e il Movimento Turismo del Vino, si unisce alla presidente delle Donne del Vino, Daniela Mastroberardino, per evidenziare il ruolo femminile. La wine hospitality delle Donne del Vino si differenzia per una maggiore diversificazione dell’offerta: non solo vino, ma anche attività legate al benessere, alla ristorazione (28%) e ai corsi di cucina (40%), alla ricettività (36%), allo sport (piscine 15%) e all’organizzazione di visite a luoghi limitrofi o di collegamento a eventi culturali (50%). In altre parole, le donne stanno efficacemente trasformando l’attrattiva vino in una proposta di soggiorno di uno o più giorni con attività legate all’arricchimento culturale e alla rigenerazione che ha origine nella natura. “Una proposta di turismo pensata come un’esperienza culturale attiva e coinvolgente – dicono Cinelli Colombini e Mastroberardino – Ora dobbiamo puntare a formare addetti sempre più competenti e preparati all’accoglienza: un visitatore soddisfatto diventa un autorevole brand Ambassador di territorio e prodotto”.
IL COMPITO DEI COMUNI
“Essere Città del Vino rappresenta sempre più un valore aggiunto – sottolinea il presidente di Città del Vino, Angelo Radica a commento del 19esimo Osservatorio sul turismo del vino, il secondo realizzato da Nomisma Wine Monitor – proprio per una maggiore consapevolezza che hanno gli amministratori locali delle buone pratiche da promuovere in favore dello sviluppo del turismo del vino; il rapporto ci conferma che chi amministra una Città del Vino matura nel tempo una maggiore sensibilità e capacità di intervento e programmazione”. Per i 145 sindaci intervistati, infatti, essere Città del Vino significa promuovere e valorizzare il vino e la sua cultura (per il 76%); essere all’interno di una rete, di un progetto condiviso per poter creare strategie di marketing turistico (65%); avere una capacità di raccontare e di creare occasioni di promozione del territorio, dei suoi prodotti e delle sue aziende (48%). Il Rapporto evidenzia anche gli ambiti in cui i Comuni possono migliorare per favorire l’enoturismo: potenziamento degli uffici di informazione turistica e loro apertura nei giorni festivi; sostegno alla formazione del personale anche per gli uffici pubblici in materia enoturistica; dotazione di strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale; maggiore condivisione delle collaborazioni e fare sempre più rete.
Nella foto: Paolo Corbini e Angelo Radica (Città del Vino), Nicola D’Auria (Movimento Turismo del Vino), Roberta Gabrielli (Nomisma), Daniela Santanchè (Ministra Turismo), Dario Stefàno (Docente enoturismo Luiss), Donatella Cinelli Colombini e Daniela Mastroberardino (Donne del Vino).