Dai vini delle sabbie all’Albana, in bici lungo la ciclovia delle Paludi bolognesi

di Andrea Guolo

Partenza da Bologna e arrivo ad Argenta. Una giornata piena, circa 100 km percorsi pedalando, immersi in un paesaggio suggestivo alla scoperta dei prodotti del territorio. E il vino, alla fine, è una bella sorpresa.

Dal centro di Bologna parte una ciclovia che porta verso il mare, attraversando territori ricchi di storia, aziende agricole, un sistema unico di corsi d’acqua e oasi naturali o derivanti dalle casse di espansione delle bonifiche. Una ciclovia il cui nome già rende l’idea del territorio dove è stata realizzata: la Ciclovia delle Paludi Bolognesi.

NATURA SELVAGGIA

Paludi? Tali sono. La Bassa bolognese era una zona depressa, in tutti i sensi, e le piene dei fiumi hanno determinato con il passare dei secoli la presenza di paludi ancora oggi difficilmente accessibili. Ricordate la vicenda di Igor “il russo”, in realtà serbo? Quel criminale che si lasciò dietro una lunga scia di morte prima di essere arrestato in Spagna? Per settimane, lo cercarono in queste paludi dove probabilmente le sue conoscenze in fatto di tecnica militare gli permisero di sfuggire (e possiamo anche dire: di farsi beffe) alle forze dell’ordine impegnate in un’autentica caccia all’uomo. Così, prima di partire per questa escursione in bicicletta, era forte la tentazione di considerare questa escursione come ‘il giro delle paludi di Igor’. Poi però, ammirando la bellezza naturale del paesaggio, il ricordo di quell’assassino è svanito. E sono rimaste le emozioni belle, al pari della sorpresa di aver scoperto come un percorso così poco noto potesse in realtà svelare la presenza di autentici gioielli. Uno su tutti: il Museo della Bonifica, di proprietà del Consorzio della Bonifica Renana.

Tra terra e acqua, il paesaggio nella zona delle paludi di Argenta

OPERA MONUMENTALE

L’impianto risale al 1925 e fu inaugurato direttamente da Re Vittorio Emanuele III°. Di fatto, questa visita ha rappresentato la fine della prima parte del nostro percorso, iniziato da Piazza Maggiore a Bologna, perché si trova a Saiarino di Argenta. Ed è un posto pazzesco, tanto che val la pena di parlarne subito come una delle ragioni per prendere la bici e smazzarsi 100 km di strada (tra andata e ritorno) per venire fino ad Argenta. Piacerà anche a chi si annoia davanti a capolavori dell’ingegneria idraulica, perché è davvero affascinante comprendere come funzionano le idrovore. E qui, nella Sala delle Pompe, ce ne sono sei, hanno praticamente cent’anni di carriera all’attivo e sono immerse in un edificio in pieno stile Liberty. Talmente bello che questo impianto museale viene usato, e anche spesso, come location per girare i film. L’ultimo è Diabolik dei Manetti Bros, per citarne uno. Se poi proprio non vi piacesse la visita – ma è difficile, considerando anche la spiegazione avvincente frutto della competenza di Sergio Stignani, la nostra guida e peraltro ottimo fotografo – basta uscire e guardarsi intorno: pace, acqua, cielo terso. Il mare è ancora distante, ma già si avverte che il clima è cambiato. Il museo è aperto con prenotazione obligatoria con un giorno di anticipo. Le visite guidate si tengono da martedì a domenica con orari programmati alle 9.00 o alle 11.00.

L’esterno del Museo della Bonifica

LA CICLOVIA E I SUOI SOSTENITORI

Il percorso prevede dunque la partenza dal cuore di Bologna, volendo direttamente da Piazza Maggiore. Salutato il Nettuno e scattata la tradizionale foto davanti alla Basilica di San Petronio, si va in direzione Porta Galliera e da lì si prende la circonvallazione esterna (con parte ciclabile nel mezzo) per poi abbandonare la città all’altezza di Porta San Donato. Il tragitto prevede il passaggio per località come Castenaso, la bella Budrio, Mezzolara, Molinella, prima dell’arrivo ad Argenta. Da lì poi ci sono due possibilità: o si torna a casa, come abbiamo fatto noi per ragioni di tempo, o si prosegue verso il mare. La ruota sulla spiaggia la si mette in località Casalborsetti, non lontano dalla casa dove spirò Anita Garibaldi. Tornando indietro, invece, si ripassa per Budrio dopo aver attraversato località come Sant’Antonio e Selva Malvezzi. Abbiamo conosciuto questo percorso, perfettamente mappato nel sito internet dedicato, grazie a Fiab Castenaso – Tribù Indigena Aps, un gruppo di persone attive e determinatissime nel far conoscere quest’angolo di Emilia che si unisce alla Romagna. Persone impegnate da anni sul territorio della pianura bolognese nella promozione della mobilità ciclistica come strumento per l’incremento del benessere psico-fisico della cittadinanza, come volano per lo sviluppo del turismo responsabile e sostenibile. Insomma, persone con cui siamo subito andati d’accordo e nel caso del “mitico” Renzo Toni, fondatore della Ciclofficina Valli Bolognesi e nostra guida di fiducia sul territorio, posso parlare di un rapporto diventato vera e propria amicizia. A lui potete affidarvi per noleggiare una e-bike, per chiedere qualsiasi informazione sul percorso e anche, perché no?, un buon posto dove mangiare. Se servisse – ma vi auguriamo vivamente il contrario – Renzo è anche dotato di un mezzo per il soccorso stradale delle bici in panne. Insomma, un numero da tenere a portata di mano durante il viaggio!

Mappa della ciclovia delle paludi bolognesi

C’È ANCHE IL VINO!

In una zona come questa, dove le colline si vedono con il binocolo, uno si aspetta solo campi di mais, alberi da frutta, coltivazioni di riso. Invece, ed è una bella sorpresa, ci sono anche le cantine. Noi ne abbiamo visitato due, che vi consigliamo. Sono la Mirco Mariotti ad Argenta e la Cantina Mingazzini a Medicina. E si tratta di due realtà molto diverse, che interpretano perfettamente i due mondi inseriti nel territorio della ciclovia: quello delle “Basse” e del delta del Po nel caso di Mariotti, uno specialista dei vini delle sabbie, mentre nel caso di Mingazzini l’orientamento produttivo è decisamente rivolto alle tipicità romagnole.

Mirco Mariotti è un punto di riferimento per la valorizzazione dei vini del territorio ferrarese, costituito da una pianura che nell’Ottocento era ancora in buona parte coperta da valli e paludi e che è situato a pochi metri sopra il livello del mare, per cui non poteva certo dirsi vocato alla viticoltura e alla produzione del vino. Eppure la vite e il vino erano presupposti importanti e necessari, fin dall’antichità, del sistema agrario ferrarese. Oltre al Fortana, che fa la parte del leone nella produzione della sua cantina, Mariotti produce due etichette assai particolari: il bianco dell’Emilia Igp Passo Morgone e il rarissimo Famoso (1500 bottiglie), ricavato da un vitigno situato sotto l’argine del Reno a Consandolo (Ferrara). Sono questi i cru del “terroir Ferrara” che da sempre stanno a cuore alla famiglia Mariotti. Tra i promotori della doc Bosco Eliceo, ottenuta nel 1989 – una delle poche doc italiane basate sulla coltivazione delle vigne a piede franco, essendo il territorio sabbioso e quindi non attaccabile dalla filossera – compare infatti Giorgio Mariotti, padre di Mirco, il quale a partire dal 1998 decise di vinificare direttamente le uve di vigneti particolarmente vocati, tra i quali la vigna del “Fondo Luogaccio”, a San Giuseppe di Comacchio, area tipica dell’autoctona Fortana, localmente nota come Uva d’Oro.

Cantina Mingazzini è invece una delle realtà più importanti della provincia di Bologna per capacità di imbottigliamento, effettuate anche per altri produttori, ma sta sempre più cercando di valorizzare i propri vini, come dimostrano i punteggi riconosciuti dalle guide nazionali e internazionali. Tra questi c’è anche una medaglia di bronzo al Decanter World Wine Award 2019 per il suo Aljmede Cabernet Sauvignon Rubicone IGT annata 2018. E uno dei suoi prodotti di punta è l’Albana Secco Cinquantacinque. La crescita negli ultimi anni è stata costante: l’azienda partiva da 120mila bottiglie nel 2013, è cresciuta fino a 480mila bottiglie e ora punta a raggiungere quota 900mila. Tra le sue etichette compaiono anche l’Albana passito Cinquantacinque e la bollicina Polarjs spumante extra dry base Pignoletto. Una curiosità: i nomi dei vini prodotti da Mingazzini sono legati alle stelle, e la ragione è territoriale: a Medicina si trova infatti uno degli osservatori astronomici più importanti a livello internazionale nello studio dell’universo ovvero la Stazione Radioastronomica di Medicina con il Radiotelescopio “Croce del Nord” che è tra i più grandi radiotelescopi di transito del mondo.

I vini prodotti da Cantina Mingazzini

DOVE PRANZARE

La cucina, lungo il percorso, cambia costantemente. Si parte dal tortellino e si arriva all’anguilla, ma nel mezzo non mancano varie sfumature romagnole perché in fondo Ravenna non è lontana. La nostra esperienza è stata un’immersione totale nella cucina di palude. All’Agriturismo Vallesanta di Argenta (località Campotto) i piatti di riferimento sono: frittura di valle, risotto con il pescegatto, naturalmente l’anguilla. Ma non solo. Fanno anche i primi della tradizione (tortelli d’ortica, cappellacci di zucca, tagliatelle e tortellini), le specialità a base di selvaggina di valle e di campagna (lepre alla cacciatora, il risotto alla folaga, il fagiano e le quaglie) e le carni da animali allevati in azienda (coniglio, faraona, anatra, galletto). Insomma, c’è l’imbarazzo della scelta!

Un piatto proposto dall’agriturismo Vallesanta

DOVE DORMIRE

Siete in bici e volete prendervela comoda? Ecco l’indirizzo giusto. A Budrio c’è L’Alberone, b&b totally bike friendly, frutto del recupero di un vecchio fabbricato nella corte di una casa padronale. Peraltro, può essere una buona soluzione anche per chi gravita su Bologna e vuole pernottare un po’ fuori città, per restare a contatto con la natura. Tre le camere a disposizione: Gialla (priva di barriere architettoniche), Blu e Verde, tutte dotate di bagno interno e arredate in stile country ma con garbo e raffinati tocchi di design. Il resto ce lo mettono Anna e Nicola, impegnati non solo nella gestione de L’Alberone, ma anche nello sviluppo di una proposta di ospitalità e valorizzazione territoriale denominato Sottocasa.

L’Alberone a Budrio