Cento km, due fiumi, quattro cantine

di Giambattista Marchetto

Un percorso ciclo-eno-turistico alla scoperta del Trentino, raggiungendo sui pedali quattro dimore storiche che sono anche tenute vitivinicole: Tenuta San Leonardo, Conti Bossi Fedrigotti, Tenuta de Tarczal e Castel Ivano.

Pubblicato sul nuovo numero de Le Dimore Storiche, rivista ufficiale di Adsi, Associazione Dimore Storiche Italiane, che torna dopo 12 anni per valorizzare un patrimonio italiano aperto al turismo e tutto da scoprire. Clicca qui per scaricare la rivista

Un centinaio di chilometri in sella, due fiumi, quattro cantine. E tutta la bellezza di un Trentino visto da una prospettiva che sembra essere non solo la più accattivante, ma anche la più sostenibile.

Sui pedali non serve essere Francesco Moser (che ha inforcato la bici da ragazzo nella vicina Val di Cembra) perché un itinerario che inizia lungo l’Adige e lo segue fino a Trento, per poi raggiungere la Valsugana affiancando il Brenta all’altezza di Levico Terme, prevede un dislivello complessivo di nemmeno 360 metri. Certo i 764 metri di salita possono spaventare il cicloturista meno allenato, ma la scelta di una e-bike è la risposta per godersi il paesaggio e i calici in degustazione senza doversi concentrare solo sul fiatone.

Grazie alla pedalata assistita, un percorso ciclo-eno-turistico diventa occasione di puro godimento, toccando in una giornata (ma perché mai affrettarsi?) o in più giorni quattro aziende vitivinicole che sono anche dimore storiche Adsi, intersecando anche la Strada del Vino e dei Sapori del Trentino. L’itinerario ve lo raccontiamo in salita – partendo dai confini con il Parco della Lessinia e arrivando fin sotto il Primiero – perché ci sembra più divertente, ma nulla impedisce di vivere l’esperienza al contrario, discendendo.

Villa Gresti a Tenuta San Leonardo

 

FINE WINES DA SAN LEONARDO

Prima tappa, un’istituzione del vino italiano. Sarà stata la presenza attiva di Giacomo Tachis – padre di supertuscan iconici quali Sassicaia, Tignanello, Solaia e Solengo – o la capacità di visione di Carlo Guerrieri Gonzaga, tant’è che il San Leonardo spicca come alfiere trentino tra i fine wine italiani.

All’ingresso della Tenuta – che si affaccia sull’Adige in territorio di Avio – è impressa una data importante: 1724, perché da allora è documentata la produzione di vino. È però a ridosso del 1970 che l’azienda vive la svolta verso una viticoltura d’eccellenza, raggiungendo nei decenni successivi i mercati internazionali. Un tempo feudo ecclesiastico, oggi San Leonardo è un piccolo borgo di edifici nello stile della Vallagarina nel quale gli ospiti possono visitare la cantina, l’antico granaio oggi museo, il parco con il laghetto e la villa de Gresti tra le vigne. Nel 1200 i frati cruciferi si prendevano cura dei viandanti e oggi il personale dedicato all’accoglienza profonde attenzioni ai winelover che varcano i cancelli secolari, tra passeggiate e tour in jeep tra le vigne, degustazioni guidate, racconti. Nella struttura non è possibile pernottare, ma tra i progetti in cantiere c’è un ristorante che Anselmo Guerrieri Gonzaga (oggi amministratore della tenuta) immagina semplice e territoriale, una “trattoria colta e raffinata”.

Le botti per l’affinamento del Fojaneghe

CHÂTEAU FOJANEGHE

Dalla chiesetta di San Leonardo, con poche pedalate, si raggiunge la ciclabile dell’Adige che collega Merano a Verona. Asfaltata e quasi parallela alla statale, permette di attraversare boschi e prati in sicurezza in un saliscendi divertente.

Muovendosi in direzione Trento, la seconda tappa del viaggio tra le dimore storiche è l’azienda agricola Bossi Fedrigotti, in località Fojaneghe a Isera. Gestita con il supporto di Masi Agricola, è costituita di 40 ettari di vigneto ai due lati dell’Adige. Dalla prima vendemmia del 1697 all’innovazione del 1961, quando il conte Federico creò con il Fojaneghe il primo bordolese italiano, la famiglia Bossi Fedrigotti ha tramandato la passione per i vini che esprimono le Dolomiti. La proposta enoturistica si gioca tra i vigneti costellati di trincee, ma la spinta sull’accoglienza ha indotto la famiglia a valorizzare Maso San Giorgio in quel di Fojaneghe, una sorta di ‘château’ attrezzato per degustazioni e anche per un servizio di ristorazione. I cicloturisti sono agevolati dal passaggio della ciclabile, ma possono godere anche di percorsi tra i vigneti.

STUBE DE TARCZAL

Se non si sceglie di fermarsi per la notte nel palazzo seicentesco de Probizer, collegato alla Casa del Vino Vallagarina, il percorso prosegue per la terza tappa, quasi dietro l’angolo. La Tenuta de Tarczal apparteneva ai Conti Alberti, illustre famiglia trentina, e fu portata in dote a Gèza Dell’Adami de Tarczal, ammiraglio della flotta austro-ungarica. E proprio le tavole imperiali erano il luogo di celebrazione del Marzemino trentino.

Ancora oggi, come da sempre, alla Tenuta si fa il vino solo da uve proprie e con metodi “antichi” di lavorazione, affinandolo nelle cantine sotterranee in botti di rovere da 50 ettolitri. Da vignaioli Fivi, alla de Tarczal si mettono in gioco nel rapporto con gli ospiti e la vecchia stalla che si affaccia sulla corte centrale, trasformata in una stube dall’atmosfera intima e familiare, è il luogo deputato per conoscere i vini attraverso degustazioni accompagnate da assaggi di formaggi e salumi tipici trentini. La Vineria de Tarczal è invece una trattoria trentina della tradizione, nella quale l’atmosfera accogliente rimanda ad uno stile immutato.

Castel Ivano in Valsugana

WINE CASTLE IN VALSUGANA

Dalla piana di Rovereto, inseguendo il corso del fiume Adige fino a Trento, la strada è ancora lunga per arrivare alla quarta e ultima tappa di questo viaggio su due ruote attraverso le dimore storiche del Trentino. Lasciato il fiume, si attraversa la città capoluogo seguendo il corso del torrente Fersina per arrivare a imboccare via Venezia. Prendendo la strada Vigolana che porta verso la Valsugana si pedala nel tratto di salita più tesa di questo percorso e poi si scende, costeggiando il lago di Caldonazzo, per immettersi poi (finalmente) sulla ciclabile della Valsugana. In alternativa, dalla stazione di Povo-Mesiano a Trento, con 20 minuti di treno si raggiunge direttamente Caldonazzo, passando dallo spettacolare orrido di Ponte Alto e dalla cittadina di Pergine.

Raggiunta la Valsugana, è pianura fatta di verde e campi, ma anche delle acque sorgive del Brenta. Le soste ristoratrici al Bicigrill lungo la ciclabile o nelle piazzole che si aprono nel bosco permettono di ritemprarsi, arrivando ad attraversare l’incantevole centro storico di Borgo Valsugana ancora con qualche energia residua.

Servirà per affrontare l’ultima salita, non ardua ma faticosa, verso Castel Ivano. La struttura fortificata del VI secolo – passata di mano nei secoli da Ezzelino da Romano a Cangrande della Scala, dai Carraresi alla diocesi di Feltre, dalla Serenissima agli Asburgo – si erge sul promontorio del Monte Lefre ed esercita un fascino immediato. Varcando il grande arco nelle mura sembra di entrare in un universo da fiaba, tra cicatrici della storia e bellezza antica. È possibile prenotare una visita agli ambienti del castello (oggi prevalentemente utilizzato per eventi), ma anche prenotare una degustazione.

La proprietà attuale del Castello d’Ivano è infatti coinvolta nel progetto Terre del Lagorai, che riunisce un gruppo di viticoltori nel progetto enoico di valorizzare la spiccata acidità dello Chardonnay e l’eleganza del Pinot nero coltivati in Valsugana per proporre una intrigante declinazione di metodo classico Trentodoc e un bel calice di Pinot nero in purezza.

Consigliati