Il Consorzio di tutela indaga sul futuro del prodotto a maggior carica identitaria, stretto tra buone prospettive di sviluppo e limiti di conoscenza dei mercati internazionali.
Un’indagine condotta dal Consorzio Valpolicella tra i suoi associati ha svelato che oltre nove aziende su dieci producono Valpolicella Superiore, del quale denunciano i limiti in termini di conoscenza da parte della stampa e dei mercati. Nel corso dell’evento digitale ‘Valpolicella Superiore – A Territory Opportunity’, è emerso che a pesare è la difformità di stili con cui è prodotto nonché la concorrenza ‘interna’ allo stesso territorio.
“Vogliamo valorizzare il vino che più si identifica con il territorio – spiega il presidente del Consorzio tutela vini Valpolicella, Christian Marchesini –, a partire dalla ricostruzione di una identità di prodotto e di una vision condivisa tra tutti i produttori. In particolare, un segnale di svolta è dato dall’appassimento: 6 imprese su 10 non intendono farlo, mentre i rimanenti ritengono utile solo un breve passaggio. Complessivamente, il 94% delle aziende rispondenti producono o commercializzano Valpolicella doc Superiore ma, come le stesse aziende rilevano, c’è ancora moltissimo potenziale inespresso, a partire dalla riconoscibilità e dal posizionamento”.
Stando ai risultati della survey, che ha coinvolto un campione di circa un terzo dei produttori/imbottigliatori del Consorzio, c’è infatti molto da lavorare sul fronte della conoscenza: per il 62,4% dei produttori i consumatori italiani ignorano o quasi il prodotto, dato che sale a 7 su 10 quando si prendono in considerazione i mercati esteri. Leggermente meglio la stampa italiana, che ha una conoscenza insufficiente per il 43,6% delle aziende, sufficiente per il 41,6% e buona per il restante 14,9%.
Sempre secondo il punto di vista dei produttori, i principali punti di forza del Valpolicella doc Superiore sono il profilo organolettico (indicato dal 52,5% delle imprese per il mercato interno e dal 46,5% per quello estero) e la versatilità di abbinamento (47,5% in Italia e 38,6% all’estero). Tra gli elementi di debolezza sotto il profilo commerciale nel mercato domestico, più della metà delle imprese (54,5%) riconosce il peso della molteplicità di stili all’interno della tipologia, ma anche della concorrenza di altri vini della Valpolicella (43,6%, con il Ripasso come principale indiziato) o la mancanza di un segmento commerciale definito (43,6%), fattori che sembrano avere un peso importante anche sui mercati esteri. E se l’Italia è il primo mercato di sbocco, principale destinazione per oltre i 3/4 dei rispondenti (con l’horeca che assorbe l’84,2% delle vendite), ad occupare il più alto gradino del podio nella classifica per export è la Germania (meta per un quarto delle imprese), seguita da Usa (23,2%) e Danimarca (17,9%), mentre Olanda e Svizzera condividono a parimerito il quarto posto. Sul fronte degli investimenti futuri, la metà delle aziende punta a potenziare la presenza negli Usa, mentre quasi un terzo (31,6%) scommettono su Germania e Svizzera.
Per quanto riguarda i prezzi, il 38,9% delle aziende posiziona il suo prodotto nella fascia oltre i 10 euro a bottiglia (ex cellar), il 23,2% tra i 6 e gli 8 euro, il 20% tra gli 8 e 10 euro, il 17,9% a meno di 6 euro. Un posizionamento che si conta di migliorare in futuro, con il 44,2% dei rispondenti che aspirano alla fascia oltre i 10 euro, per andare poi a scalare progressivamente nelle fasce di prezzo sottostanti.