Cà Rovere raddoppia: dopo la terrazza wine, ecco la dimora

Sui Berici arriva Castel Bricon, frutto del recupero di un antico casolare agricolo con tredici camere e piscina sui filari

di redazione

Un anno fa vi avevamo raccontato la novità della terrazza wine realizzata per gli eventi e gli aperitivi di Cà Rovere, con il progetto architettonico affidato a Patrice Schaer. Ora l’azienda dei Colli Berici (Vicenza), specializzata in bollicine, rilancia in enoturismo e accoglienza con il recupero di un antico casolare agricolo che completa l’offerta per i wine lovers che vogliono scoprire questo incantevole territorio situato a breve distanza da due diverse autostrade, l’A4 a nord e l’A31 a est.

Si chiama Castel Bricon ed è il rifugio di charme tra le vigne, nato dal progetto di valorizzazione della famiglia Biasin per rilanciare un patrimonio architettonico e agricolo in sinergia con la cantina Cà Rovere. Tredici camere in stile country chic, una piscina affacciata sui filari, materiali selezionati e lavorazioni locali danno forma a un’ospitalità che mette al centro l’artigianato veneto e si affianca alle esperienze enoturistiche della tenuta.

Il lavoro di recupero è avvenuto nel pieno rispetto della tradizione: pietra berica di Vicenza, camini originali, legni recuperati, arredi d’epoca restaurati. Ogni dettaglio nasce dalla collaborazione con artigiani e fornitori del territorio, in un progetto che ha coinvolto esclusivamente realtà locali e venete. Castel Bricon segna un nuovo capitolo di un percorso di valorizzazione che intreccia architettura sostenibile, accoglienza autentica e cultura del vino.

La piscina tra i filari

Quando nel 2010 la famiglia Biasin acquistò il casolare insieme ai vigneti circostanti, l’edificio – un tempo utilizzato come rustico d’appoggio da una precedente realtà vitivinicola – si presentava in stato di abbandono. Solo anni dopo, osservandolo con occhi nuovi, prese forma l’idea di trasformarlo in un luogo capace di accogliere e raccontare la bellezza autentica dei Colli Berici. Il progetto ha preso avvio nel 2019, con la volontà di restituire vita a un edificio che apparteneva alla storia del territorio. Il lavoro è stato curato dagli architetti Nicoletta Matteazzi e Andrea Stocco, con il supporto dell’ingegnere Maurizio Pilotto e la supervisione della famiglia Biasin.

Le tredici camere portano il nome di un fiore o di una pianta autoctona – Caprifoglio, Lavanda, Primula, Sambuco, Rosellina Selvatica – accompagnato da un breve racconto che ne rievoca i profumi, i gesti, le stagioni vissute tra le colline vicentine. Tra queste, una suite con grandi finestroni affacciati sui vigneti offre un panorama d’eccezione, esprimendo al meglio lo stile della dimora: un equilibrio armonico tra elementi nuovi e arredi antichi, tra mobili di antiquariato restaurati e dettagli su misura creati da artigiani veneti. A completare la struttura, una piscina di 15 metri per 3 con acqua a sfioro e vista sui filari.

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