Michele Faro: “A Pietradolce vigne secolari e accoglienza per pochi”

di Andrea Guolo

Il proprietario della cantina che ha salvato gli appezzamenti a piede franco sull’Etna racconta l’esperienza enoturistica avviata soltanto tre anni fa. Intanto Vigna Barbagalli è stata inserita, unica in Sicilia, tra le dieci più belle vigne storiche italiane

Vent’anni fa, la famiglia Faro – a capo di una delle più importanti realtà vivaistiche italiane e leader a livello siciliano – iniziò ad avvicinarsi al mondo del vino con un approccio che univa l’amore per le piante con la volontà di ottenere qualcosa di unico, in termini vitivinicoli, dalle pendici dell’Etna. L’idea era quella di salvare alcuni appezzamenti di vigne secolari a piede franco che avevano superato, grazie anche al terreno lavico, la dura prova della filossera. Quest’idea è stata al centro dell’iniziativa di Michele Faro, figlio del fondatore Venerando Faro, il quale decise di coltivare esclusivamente varietà autoctone quali Nerello Mascalese e Carricante, mantenendo la forma di allevamento ad alberello, tipica del paesaggio etneo e la preservazione di viti pre-filosseriche. Nacque così Cantina Pietradolce, che oggi saluta con soddisfazione l’inserimento da parte di Luciano Ferraro e James Suckling, curatori della guida Vini e Vignaioli d’Italia 2025 edita dal Corriere della Sera, di Vigna Barbagalli (130 anni di onorata attività al suo attivo) tra le dieci più belle vigne storiche italiane, unica della Sicilia.

Da questa vigna, l’azienda ricava il Barbagalli Etna Rosso, duemila bottiglie prodotte l’anno, che la stessa guida ha inserito tra i cento migliori italiani con il punteggio di 97/100.

Il riconoscimento – ha commentato Michele Faro – è davvero un grande orgoglio per la nostra famiglia e credo che lo sia anche per il magico territorio etneo. Quasi abbandonato fino a 30 anni fa, questo areale ha vissuto negli ultimi anni una rinascita che lo ha fatto diventare zona vinicola di primo piano a livello mondiale, con vini riconosciuti per la loro eleganza, la loro mineralità e per l’alto profilo qualitativo. Alcuni di questi vini sono prodotti proprio dalle nostre bellissime vigne centenarie, che rappresentano un valore aggiunto da un punto di vista qualitativo e identitario”.

A Michele Faro abbiamo chiesto di fare un bilancio sull’andamento delle iniziative enoturistiche della sua azienda.

La cantina di Pietradolce

Quando avete iniziato ad aprire l’azienda al pubblico e come avete sviluppato le attività di enoturismo?

Sebbene la cantina sia stata ultimata nel 2017, abbiamo iniziato con la nostra attività di accoglienza più o meno 3 anni fa, senza fretta, prendendoci il tempo necessario per sistemare dettagli ed idee.

Qual è l’aspetto che contraddistingue la vostra azienda rispetto a tutte le altre cantine italiane in termini di accoglienza ed esperienza enoturistica?

Fortunatamente la qualità della proposta enoturistica italiana è molto migliorata negli ultimi 10 anni. Tra gli aspetti che caratterizzano la nostra offerta, la possibilità di entrare in contatto con un grande bagaglio di vigne antiche ha sicuramente una grossa rilevanza, in termini di unicità, di storicità, oltre che di racconto e conservazione del territorio. Non dimentichiamo comunque l’amore per l’arte e, nuovamente, per la nostra terra, esaltato dalle installazioni permanenti all’interno della cantina. Tutto ciò è impreziosito da un approccio tecnico e passionale con i nostri ospiti.

Tra le esperienze che offrite, qual è la più richiesta dal pubblico?

Considerando la loro difficile reperibilità, la degustazione delle nostre eccellenze, “Barbagalli” e “Sant’Andrea”, è la più richiesta.

Come è andata l’ultima stagione per l’enoturismo?

In generale, il grande interesse enoturistico per l’Etna è stato confermato da una stagione lunga e molto positiva. Nello specifico Pietradolce ha incrementato il numero di richieste, anche se, per nostra scelta, preferiamo mantenere il numero di visitatori piuttosto basso. Ciò ci dà la possibilità di lavorare molto sulla qualità dell’esperienza, mantenendo il livello di attenzione ed interazione, con e verso l’ospite, molto alto, o di creare una proposta ad hoc per il cliente.

Quali sono i progetti in cantiere?

Pur mirando a migliorare ulteriormante il livello di esperienza proposta, non ci sono grossi progetti in cantiere. Al momento non siamo interessati a implementare la nostra offerta con la possibilità di pernottamento o ristorazione, volendo dare maggiore risalto al vino.

Un’ultima domanda legata alla GenZ: dal vostro osservatorio, c’è una reale perdita di interesse tra i più giovani rispetto al vino? E come si possono “attrarre” i ventenni/trentenni di oggi in cantina, in maniera più “emozionale”?

Il calo di interesse dei giovani verso il vino è un dato di fatto e rappresenta un trend globale. A nostro avviso occorre cambiare il modo di comunicare il vino ai giovani, spesso confusi e distratti da un linguaggio, a tratti, troppo articolato. Il fine dovrebbe essere creare attrattiva con semplicità. In tal senso i consorzi, le associazioni di settore e gli organi di informazione possono fare molto più che una singola cantina, la quale può contribuire facendo leva sulla parte empatica e su uno storytelling accattivante.