A Be.Come il confronto tra aziende leader dell’enoturismo

di Andrea Guolo

Tenuta Cavalier Pepe, Antinori, Ceretto, Banfi, Gruppo Lunelli, Marisa Cuomo e Feudi di San Gregorio hanno illustrato strategie e novità in arrivo nell’evento di Milano

L’occasione era ghiotta. A Be.Come, terza edizione dell’evento organizzato al Radisson Santa Sofia di Milano da Allumeuse, sono arrivate le cantine italiane inserite nella World’s Best Vineyards 2024, di cui vi abbiamo già raccontato l’esito. A loro è stato dedicato un panel specifico per riflettere sullo stato dell’arte dell’enoturismo e sull’evoluzione dell’offerta.

Sul palco erano presenti Milena Pepe (Tenuta Cavalier Pepe), Allegra Antinori (Marchesi Antinori), Andrea Ferraioli (Marisa Cuomo), Antonio Capaldo (Feudi di San Gregorio), Jgor Marini (Castello Banfi), Federico Ceretto (Ceretto) e Alessandro Lunelli (Gruppo Lunelli). È stato uno stimolante momento di confronto per capire in che direzione sta andando l’accoglienza nelle aziende vitivinicole, alla presenza della delegata dell’Academy Italia – World’s Best Vineyards, Chiara Giorleo.

Milena Pepe è amministratrice, produttrice e enologa dei vini della Tenuta Cavalier Pepe, basata in Irpinia, prima azienda italiana classificata nell’edizione 2024 di World’s Best Vineyards. “All’inizio per noi l’enoturismo era un secondo lavoro, poi abbiamo capito che dovevamo essere aperti tutto l’anno, feste comprese, e dovevamo farci conoscere offrendo tutto quel che è presente nel nostro territorio. Abbiamo fatto squadra con le realtà irpine e questa scelta è stata premiante”, ha dichiarato durante il suo intervento.

Andrea Ferraioli, a capo di Marisa Cuomo – nello stesso giorno, l’azienda della costiera amalfitana, già nominata miglior cantina vista mare d’Italia dal contest di Italianwinetour, ha vinto il titolo di cantina dell’anno di Guida Espresso – ha ripercorso 40 anni di “anomalia imprenditoriale”, come l’ha definita lo stesso imprenditore. “Le nostre scelte sono sempre state motivate dal cuore e dal’attaccamento alla terra. Una terra impegnativa, perché da noi la meccanizzazione è pura utopia date le pendenze. Nella situazione della costa d’Amalfi non potevamo applicare una didattica vitivinicola e quindi abbiamo iniziato a restaurare l’esistente, salvaguardando e risparmiando dall’estinzione centinaia di vitigni autoctoni. Oggi i nostri vigneti sono parte dell’offerta turistica della costiera, fatta anche di visite alle vigne e di una sentieristica collegata, come il Sentiero degli Dei”.

Antonio Capaldo, presidente e amministratore di Feudi di San Gregorio, ha ripercorso tutte le tappe che hanno permesso alla realtà di Sorbo Serpico (Avellino) di trasformarsi da “semplice” cantina a destinazione turistica. “La cantina nuova è stata pensata per accogliere gli enoturisti, offrendo la ristorazione e un’idea trasversale di bellezza. A vent’anni dalla sua apertura, è stata al centro di un progetto ulteriore che ci ha permesso di realizzare Borgo San Gregorio, con 13 camere a disposizione dei nostri ospiti, offendo così ulteriori servizi in un territorio talvolta deficitario”.

Jgor Marini ha ricordato i tempi “eroici” dell’enoturismo a Castello Banfi, quando la visione della famiglia Mariani (proprietaria di Banfi) e le intuizioni di Ezio Rivella portarono l’azienda a organizzare veri e propri “ponti aerei” per raggiungere Montalcino in elicottero. “Allora poteva essere considerata una follia, ma in quel modo tutti potevano visitare la tenuta. I visitatori incrementavano di anno in anno e quindi arrivarono i tour operator, organizzando pullman di turisti a cui dovevamo servire il pranzo: per dieci anni, in Banfi, abbiamo dato loro soltanto ribollita e arista. Fu quindi chiaro che occorreva realizzare un ristorante e arrivò il vice di Heinz Beck”. Per Marini: “Il turismo del vino è stato il nostro investimento più importante perché avevamo bisogno di comunicare e di farci conoscere al mondo. Ora siamo una meta molto visitata e un punto di promozione del territorio”.

Ceretto è uno dei nomi di punta dell’enoturismo nelle Langhe, grazie anche all’offerta che spazia dall’arte alla gastronomia, fino al fine dining con le tre stelle Michelin di Piazza Duomo con Enrico Crippa in cucina. “Abbiamo iniziato nel 2007 a proporre un modello di ospitalità – ha raccontato Federico Ceretto – strutturandoci in termini di personale orari, lingue e spazi. All’inizio volevo arrivare al traguardo dei 20mila ospiti l’anno, poi ho capito che non eravamo in grado di ricevere così tante presenze e abbiamo ridotto, focalizzandoci su 7-8mila visitatori l’anno e su 2-3mila professionisti. In questo modo abbiamo potuto impostare l’attività su un modello edonistico, sensoriale ed educativo”. La sfida, per Ceretto, è realizzare operazioni di marketing territoriale lavorando con le istituzioni che, ha affermato: “A oggi non ci stanno seguendo. Bisogna aumentare il livello di dialogo tra territori per far defluire l’eccesso di turisti dalle Langhe in altre zone circostanti, lavorando per soddisfare le aspettative dei turisti”.

Allegra Antinori ha ricordato i propri esordi nell’ospitalità in Mondavi, Napa Valley, e tutto il processo che ha portato Marchesi Antinori a realizzare la cantina del Chianti Classico a Bargino, che ha permesso all’azienda di entrare nella “hall of fame” di World’s Best Vineyards. “Non vogliamo fare ‘grandi numeri’, vogliamo comunicare il vino in termini culturali. In dieci anni abbiamo imparato a gestire i flussi, riducendo il numero di persone e organizzando visite su misura. L’investimento ci ha permesso di comunicare direttamente con il consumatore e ora, grazie al digital, potremo gestire questo rapporto in forma nuova, arrivando a persone più giovani e interessate al vino”.

Infine, Alessandro Lunelli ha raccontato le esperienze del suo gruppo a Trento, dove è in fase di progettazione la nuova cantina di Ferrari con un’impostazione basata proprio sull’esperienza turistica, e in Umbria, dove si trova il “Carapace” di Arnaldo Pomodoro a Tenuta Castelbuono che, ha affermato Lunelli: “Rappresenta un’opera d’arte e un segno impresso nel territorio. Ora la sfida è accogliere senza snaturare. Le cantine non devono diventare Disneyland, ma devono agevolare le visite attraverso un sistema di prenotazione online, l’apertura nei fine settimana, la realizzazione di un’offerta a 360 gradi. Bisogna seguire l’orario del turista e non i propri orari”.