La Torre pende, i vini no. Cinque cantine da visitare nelle Terre di Pisa

di Andrea Guolo

Viaggio nelle colline pisane tra vini e prodotti tipici. Le nostre scelte: la villa che fu di Giovannino Agnelli, un antico monastero trasformato in location per eventi, una cantina scenografica, l’azienda che organizza pizze fai da te, la cena in vigna nella golden hour

Errore da evitare nella vita: prendere l’auto, arrivare fino a Pisa, farsi la solita foto idiota in Piazza dei Miracoli reggendo la Torre con la mano (destra o sinistra, a seconda dei gusti) e tornarsene a casa, pensando che quel che andava visto si è visto. Con tutto il rispetto per chi visita uno dei luoghi più fotografati al mondo, c’è molto altro da vedere. Oltre alla città, peraltro tutta da scoprire al di fuori della celebre piazza con la Torre pendente, a Pisa esiste un entroterra ricco di tesori, culturali e gastronomici.

DEL TIPO?

A noi spetta raccontare i tesori del gusto e questo faremo. Uno su tutti: il tartufo bianco di San Miniato. Sulle colline a sud dell’Arno, dove si trova una delle zone di riferimento mondiale per la cerca del prezioso tubero, capita spesso di assistere a raccolte da record. Nel 2018 il cercatore livornese Mauro Del Greco, con il suo fido lagotto romagnolo Enea, ne trovò uno da 2,2 kg. Fece di meglio, nel 1954, un altro detective del tartufo, Arturo Gallerini detto Bego, che con il cane Parigi arrivò al peso di 2.520 grammi. Al di là dei casi limite, a San Miniato e nei paesi del circondario il tartufo bianco non manca quasi mai, neanche nelle stagioni più difficili come quella del 2021. Per acquistarlo, il consiglio è di salire fino a Forcoli e andare a trovare Cristiano Savini della Savini Tartufi, di cui vi abbiamo già parlato per la truffle experience offerta ai visitatori. Se siete fuori stagione, potrete sempre scegliere i prodotti trasformati come le deliziose peschiole, le creme e le salse e perfino le patatine fritte al tartufo. Ma poi c’è molto altro: dal miele di San Rossore all’olio delle Colline pisane, dalla ciliegia di Lari ai tanti ortaggi (zucchina “mora”, carciofo di San Miniato, il pomodoro “pisanello”, il cavolfiore locale e molti altri). Imperdibili i pecorini Balze Volterrane a Volterra e le carni bovine di razza Pisana (il cosiddetto “mucco pisano”). Senza dimenticare altre due eccellenze: i pinoli delle pinete di San Rossore e Migliarino, considerati i migliori d’Italia, e la chocolate valley che ormai prospera tra Pontedera e Montopoli con la presenza di produttori come Amedei, Noalya e tanti altri piccoli artigiani che val la pena di andare a visitare. Ma quel che più ci interessa è il capitolo vino.

La villa Agnelli-Piaggio a Varramista

LA DOC TERRE DI PISA

In provincia di Pisa esiste una denominazione, con relativo Consorzio di tutela, tra le più giovani dell’intera regione. Si tratta della doc Terre di Pisa, riconosciuta nel 2011, mentre il Consorzio è stato costituito nel 2018. Le tipologie di vini della doc sono due: Terre di Pisa Sangiovese (almeno 95% di uve Sangiovese) e Terre di Pisa Rosso (almeno 70% Sangiovese, Cabernet Sauvignon, Merlot e Syrah, da soli o congiuntamente), con la tendenza sempre più marcata da parte dei produttori di valorizzare e potenziare l’autoctono del territorio e di tutta la Toscana ovvero lui, il Sangiovese, che nelle colline pisane presenta caratteristiche molto diverse rispetto a Chianti Classico, Montalcino, Montepulciano. Perché qui il clima è diverso, perché qui il mare è davvero a portata di foce (dell’Arno), perché è un territorio sottoposto a ventilazione abbastanza costante e perché l’altitudine dei vigneti, mai troppo elevata, garantisce la maturazione delle uve. Oltre al Sangiovese e ai vitigni internazionali, i produttori stanno potenziando le coltivazioni di Vermentino, che assicura cash flow rapido (va in bottiglia a febbraio/marzo e viene esaurito entro l’estate stessa) ed esce davvero bene per freschezza e sapidità. La terza tendenza è quella del rosato, principalmente a base Sangiovese. Infine, quasi tutte le aziende dispongono di qualche ettaro o frazione di ettaro dedicato a Trebbiano e Malvasia, perché c’è il Vin Santo da produrre per sé, per gli amici e per tutti coloro che lo amano, possibilmente senza pucciarci dentro il cantuccino (altra cosa da evitare, come la foto idiota di cui sopra, se non vorrete farvi odiare dai pisani…)

La zona delle colline pisane

CINQUE IMPERDIBILI CANTINE

A questo punto, appurato che c’è tanto da vedere senza nemmeno avventurarsi fino a Volterra (hai detto niente…!), andiamo a scegliere le cantine. Il Consorzio Terre di Pisa ne comprende quindici e noi ne abbiamo visitate cinque, che hanno moltissimo da raccontare sia come storia, sia come ospitalità ed esperienze.

VARRAMISTA

Qui si respira la storia. Villa in stile Chateau francese, giardino all’italiana, quattrocento ettari tra parco, boschi e vigneti (pochissimi, soltanto otto ettari), ospitò Alessandro Manzoni, fu scelta per celebrare le nozze di Umberto Agnelli con Antonella Bechi Piaggio che, per inciso, ne era la proprietaria. Ma la storia di Varramista si intreccia inevitabilmente con quella di Giovannino Agnelli, che ne fece la propria residenza e si lanciò nella sfida apparentemente più difficile: produrre a Varramista un grande Syrah, il suo vino preferito. Giovannino se ne è andato troppo presto, a soli 33 anni, ma il suo Syrah è ancora qui, a sorprenderci per la sua longevità, dimostrando che Giovannino ci aveva visto bene e che il vino, se lo fai con maestria e se c’è il terroir, può davvero tendere all’immortalità. Nel salone centrale della villa c’è una vecchia Vespa, forse l’oggetto più fotografato di Varramista, per sottolineare il legame tra la tenuta e la storia della Piaggio, che poi è la storia della vicina Pontedera e dell’industria pisana. Cosa fare a Varramista? Ad esempio, si può soggiornare in uno dei tre poderi, ciascuno con la propria piscina, e dedicarsi alla degustazione dei vini abbinati a prosciutto toscano e pecorino. La sistemazione top di gamma è Villa Frasca, 20 posti letto con piscina privata, che costa tra 570 e 900 euro a notte secondo la stagione.

Interno della villa a Varramista

FATTORIA FIBBIANO

Non ci vuole Sherlock Holmes per capire che Nicola Cantoni, il presidente del Consorzio Terre di Pisa, proprio pisano non è… L’accento rivela le sue origini lombarde, precisamente da Lodi: nel 1997 il padre Giuseppe decise di investire a Terricciola rilevando un’azienda attiva fin dal 1700. Il punto di partenza fu la ristrutturazione del casale esistente nella proprietà: il turismo ha portato le risorse che poi i Cantoni avrebbero investito in vigna e in cantina. “Tutto quel che abbiamo è il risultato del nostro impegno enoturistico” racconta Nicola. Dagli iniziali otto ettari, l’azienda è cresciuta e ora conta 25 ettari di vigna e 100 ettari totali. Il credo di Fibbiano è il Sangiovese, l’autoctono. La produzione complessiva è di 150mila bottiglie, con l’obiettivo di arrivare a 230-240mila entro tre anni. E se oggi il vino è diventato il business prevalente, l’offerta agrituristica rimane nel cuore della famiglia. La Fattoria offre 35 posti letto suddivisi tra otto appartamenti e quattro camere con bagno privato. Oltre al meritato riposo a bordo piscina, Fibbiano offre tante esperienze con particolari attenzioni alla parte gastronomica. Ogni settimana scatta la pizza collettiva: l’azienda prepara le basi (impasto e pomodoro), poi a ogni ospite la scelta del topping e del vino in abbinamento. E la cottura avviene all’aperto in un forno vecchio di trecento anni. Poi naturalmente si fanno corsi di cucina e si prepara la pasta fresca con gli ospiti. Progetti in cantiere? Una spa, con parte esterna tra gli olivi, e una linea di prodotti food a marchio Fattoria Fibbiano.

La cantina di Fattoria Fibbiano

BADIA DI MORRONA

Di proprietà della famiglia genovese Gaslini, la tenuta si trova a Terricciola e si estende per 700 ettari, di cui 110 vitati e per oltre la metà a Sangiovese. Dispone di tre ville e otto appartamenti dislocati tra le colline, per un totale di circa 120 posti letto, e ogni struttura ha la sua piscina. Il corpo centrale è un vecchio monastero utilizzato per cerimonie, eventi e feste private. Le idee non mancano: si organizzano corsi di cucina, escursioni con e-bike su prenotazione, visite guidate con tasting dei vini (raccomandiamo il Terre di Pisa Sangiovese VignaAlta) e abbinamento con prodotti tipici locali ed eventuale light lunch/dinner. C’è anche il frantoio, e a fine ottobre è possibile provare l’esperienza della raccolta delle olive (così come quella della vendemmia tra settembre e ottobre). Con la bella stagione è d’obbligo la degustazione all’aperto, mentre quando piove o il clima è più rigido si può optare per la sala tasting che ospita fino a un massimo di 15 persone (sarebbero di più, ma il Covid impone un contenimento dei posti a sedere). E poi c’è la formula light dinner in barricaia.

La corte dell’antico monastero

PODERE LA CHIESA

Una cantina-wow, progettata dall’architetto Andrea Mannocci e affidata per la parte strutturale allo studio spezzino Exa Engineering. Il risultato è quello di una serie di “bucature” che creano l’idea del grappolo di Sangiovese, l’uva-icona di Podere La Chiesa. La proprietà è di Maurizio Iannantuono, ex informatico con la passione viscerale per il vino, e della moglie Palma Tonacci, che peraltro è ottima cuoca (testata personalmente ai fornelli). In cantina, il vino convive con le mostre di singoli artisti e di collettive in esposizione per 4-5 mesi prima del turnover: attualmente, e vino all’inizio dell’estate, ci sono i dipinti di Andrea De Ranieri. Gli ettari vitati sono 13, per una produzione di circa 50mila bottiglie distribuita su sette etichette, con l’ottava in arrivo (stay tuned!). Nel 2019, ultimo anno di riferimento prima del Covid, la cantina aveva totalizzato oltre 5mila wine tasting e un numero ben più alto di visitatori. I suoi vini Terre di Pisa doc sono il Sabiniano di Casanova (Terre di Pisa Rosso doc) e Opera in Rosso (Terre di Pisa Sangiovese doc). Il momento imperdibile? Quando Maurizio organizza i concerti jazz con musicisti di fama internazionale. Perché la musica, perché l’arte in una cantina? “Semplicemente perché mi piace” risponde il vignaiolo-mecenate.

Interno della cantina progettata da Andrea Mannocci

CASTELVECCHIO

Di proprietà della famiglia Pantani, Castelvecchio è stata fondata da quattro uomini, fratelli e cugini che operavano nell’edilizia, ma oggi è sostanzialmente un’azienda a conduzione femminile (vigna compresa) e familiare, con 30mila bottiglie l’anno di cui 15mila con la denominazione Terre di Pisa. Andiamo subito al dunque… Seguite l’azienda su Instagram e tenete d’occhio l’appuntamento clou: la cena tra i filari, che si svolge tre volte l’anno. In cucina c’è la mamma di Giulia (l’addetta all’hospitality) che sa il fatto il suo, in vigna un violinista e ognuno si gode l’esperienza dal suo tavolino personale. Ma c’è dell’altro. Ogni sera, al tramonto, l’ampio scoperto antistante la cantina si trasforma in uno spazio per ammirare la golden hour degustando i vini di Castelvecchio abbinati a prodotti locali preparati in una vecchia cassetta di legno. La cantina è molto vissuta: aperta tutti i giorni, da marzo a dicembre, con Giulia sempre molto attiva nello studio di nuove formule per attrarre i visitatori. C’è poi il wine shop e uno spazio per le degustazioni con vista sulle colline. “Lavoriamo a porte aperte e i nostri visitatori sono praticamente catapultati nella vita della cantina, vendemmia compresa” racconta Giulia. Per dormire? C’è La Fienaia, l’appartamento ricavato da un vecchio fienile che si trova esattamente a lato della casa di famiglia, con sei/sette posti letto a seconda delle esigenze. Voi che vivete in città lungo il viale trafficato, sappiate che qui qualcuno si è lamentato per l’eccesso di silenzio… L’altra soluzione, sempre di Castelvecchio, è il mini appartamento il Trinciatoio, ideale per una coppia. Entrambi sono disponibili su richiesta tramite mail.

Castelvecchio, vista sulle colline