Cronaca della giornata di Bike&Wine press dedicata alla piccola denominazione ai piedi dell’Amiata. E un momento di spiritualità nel percorso di Andrea Guolo e Giambattista Marchetto.
di Andrea Guolo (con Giambattista Marchetto)
Abbandonare Montalcino dal suo versante sud significa uscire dalla provincia di Siena per entrare in quella di Grosseto. Si cambia denominazione, dal Brunello di Montalcino al Montecucco, per una tappa breve in fatto di chilometri ma non per questo meno intensa. Andiamo per ordine.
Poco prima di superare il confine geografico, le biciclette a pedalata assistita si bloccano inevitabilmente di fronte ai cancelli dell’azienda che ha fatto conoscere al mondo le meraviglie del Brunello. Si tratta naturalmente di Banfi, che avrebbe molto di più da mostrare oltre all’imponente cantina – il Castello di Poggio alle Mura con il ristorante stellato La Sala dei Grappoli sono poco distanti, ma i tempi sono stretti – e ad accoglierci c’è in persona l’amministratore delegato Enrico Viglierchio. Foto, intervista sul futuro dell’enoturismo e si passa rapidamente all’azienda successiva, già inserita nel territorio di Montecucco.
Si chiama Parmoleto ed è una bella realtà che rispecchia anche la tipologia ideale dell’azienda vitivinicola del Montecucco: più che a delle cantine, siamo di fronte a delle vere e proprie “farm”, aziende agricole nelle quali il vino costituisce una parte dell’attività, ma non l’unica. Nel caso di Parmoleto, siamo nell’ordine del 10% della proprietà totale. L’azienda si occupa anche di accoglienza con un edificio dotato di camere, un altro in fase di recupero e un ristorante. Nel tasting spiccano due prodotti, che rappresentano ormai l’impronta del territorio: il Montecucco Riserva Docg 100% Sangiovese e il fresco Vermentino che in questa zona trova un’espressione forse più elegante rispetto alla fascia costiera.
Il nostro arrivo a Cinigiano, il comune centrale della denominazione, viene salutato in piazza dalla sindaca Romina Sani con tanto di fascia tricolore, e al gruppo si aggiunge per la foto celebrativa pure il simpatico Tito, ciclista ormai ottantenne che osserva con occhi increduli la tecnologia delle due biciclette fornite da Renzo Toni e dalla sua Ciclofficina Valli Bolognesi. Biciclette che, va detto, finora hanno superato ogni prova senza difficoltà, ma facciamo gli scongiuri perché ancora non è finita…
Il passaggio successivo prevede l’incontro con il Consorzio di tutela del Montecucco. Ad attenderci nella sede a Poggio al Sasso c’è il vicepresidente Giampiero Pazzaglia, che durante l’incontro ha sottolineato le potenzialità dei vini prodotti nel territorio, geograficamente grande ma piuttosto piccolo in termini di superficie vitata (circa 1.500 ettari).
Dopo il Consorzio, ecco la visita all’azienda del Montecucco più importante per estensione. Si tratta di Colle Massari, realtà appartenente a un gruppo presente anche a Montalcino (con Poggio di Sotto e Tenuta San Giorgio) e a Bolgheri (con Grattamacco). Una realtà quasi totalmente ipogea e dove tutto viene curato nel minimo dettaglio. I tempi sono sempre stretti, ma c’è spazio per una rapida degustazione e per una visita in cantina. Oltre al vermentino, l’etichetta più ricercata è il sangiovese in purezza Poggio Lombrone, che prima di affinare in legno grande passa attraverso la fermentazione aerobica in tini aperti.
Dopo il lungo viaggiare, è arrivato il tempo della preghiera. Sì perché la tappa successiva ci porta a visitare il Monastero di Siloe, ma la scusa è sempre la stessa… Già, perché i monaci sono anche viticoltori e producono un Ciliegiolo di tutto rispetto. Padre Stefano ci accoglie squisitamente e quel che si apre dal monastero è un paesaggio incantevole, con tanto di appartamenti in legno vista valle (in lontananza si intravede perfino il mare) utilizzati per accogliere gli ospiti in ritiro spirituale. Quanto al Ciliegiolo, il vino supera la prova degustazione e spicca per freschezza, frutto croccante e piacevolezza.
A quel punto, la preghiera è necessaria per ringraziare chi di dovere nell’aver garantito – in una settimana di tempo orrendo – una certa protezione dall’acqua… ed ecco che ci siamo fermati nella chiesetta del monastero per partecipare alla messa celebrata alle ore 18 di venerdì (ed è tutto ampiamente documentato).
Ultima sosta con pernottamento all’azienda di Salustri, realtà storica del Montecucco e la prima ad aver scommesso sull’invecchiamento dei vini. Marco Salustri ha una sua idea molto chiara e condivisibile sullo stile del Sangiovese e sull’identità dei vini prodotti nel territorio. E il suo Santa Marta è un vero gioiello, con enorme potenziale di longevità e un rapporto qualità/prezzo a dir poco eccezionale, mentre Terre d’Alviero ha la stoffa del vino al tempo stesso vivace e austero. Qui uno di noi – il Marchetto, oramai diventato un fenomeno internazionale – incontra pure una sua vecchia conoscenza di Praga, ospite per l’occasione nella parte hospitality dell’azienda. E allora la degustazione diventa un’occasione per un aggiornamento sulla situazione in Boemia.
Eccoci poi alla cena. Dopo giorni a salumi, formaggi e pane per cena sognavamo un piatto di insalata fresca e nulla più… e le nostre richieste sono prontamente esaudite. Il piatto della serata, infatti, è polenta con cinghiale… Secondo voi lo abbiamo lasciato sul piatto?