Sono 13,4 milioni gli enoturisti italiani, una cifra che equivale al 64,5% dei viaggiatori totali. Tre su quattro si dichiarano soddisfatti soprattutto per la qualità del servizio in occasione delle visite in cantina e delle altre iniziative, per i rapporti con la comunità locale e per le modalità di prenotazione delle esperienze proposte. Più tiepido il giudizio dei giovani. Nel cluster degli under 24 sono stati indicati margini di miglioramento soprattutto in merito alla qualità del servizio, alla facilità di prenotazione e al reperimento di informazioni, in una percezione da nativi digitali evidentemente influenzata da un utilizzo più spinto di Internet e dei social network. Sono questi alcuni tra i dati che compaiono nella prima indagine sull’enoturismo, presentata al Vinitaly e frutto del protocollo d’intesa tra Ismea e Aite, l’Associazione italiana turismo enogastronomico.
Alla presentazione, che ha sancito l’inizio della collaborazione tra i due centri di ricerca per dare una veste scientifica sempre più accreditata al fenomeno del wine tourism, hanno preso parte tutti i principali protagonisti del settore dell’enoturismo italiano, raccontando così una realtà in continua evoluzione in Italia, con una rete di oltre 500 comuni a vocazione vitivinicola associati a Città del vino, quasi 90 strade del vino e dei sapori che si snodano lungo l’intero territorio nazionale. Un settore a trazione anche femminile, come ha ricordato Donatella Cinelli Colombini, Past President Associazione Donne del vino, a cui si deve l’ideazione della fortunata iniziativa Cantine aperte, con le donne che “prenotano più degli uomini e sono le protagoniste della winery Hospitality”. Alla tavola rotonda, moderata da Fabio del Bravo – Ismea, hanno partecipato anche Martina Centa (Unione Italiana Vini, Agivi-Cantina Roeno), Nicola D’Auria (Presidente Movimento turismo del vino), Walter Massa (Presidente della Federazione delle Strade del Vino e dei Sapori del Piemonte), Marco Montanaro (Direttore generale Federvini) e Angelo Radica (Presidente di Città del vino).
Per Livio Proietti, presidente di Ismea: “L’obiettivo dell’intesa è mettere sotto la lente di ingrandimento le principali variabili qualitative e quantitative dell’enoturismo italiano, un segmento rilevante del sistema vitivinicolo nazionale che lega prodotti e territori, contribuendo anche al successo del made in Italy. L’enoturismo, come anche l’agriturismo, comparto che l’Istituto monitora ormai da diversi anni, rappresenta un’importante leva di marketing, preservando l’attrattività delle aree rurali sempre più soggette a fenomeni di spopolamento”.
“Il comparto enoturistico – ha aggiunto Roberta Garibaldi, presidente di Aite – rappresenta ormai un fenomeno rilevante in termini economici e in ulteriore crescita per i ricavi delle aziende italiane del vino. Il livello raggiunto dall’enoturismo è tale da richiedere una vera e propria analisi scientifica strutturata, per poter delineare i flussi in ingresso e colmare il gap tra il desiderio del turista e la reale fruizione e per realizzare progetti di sistema, accompagnando il turismo rurale e gli investimenti pubblici e privati necessari per rilanciare occupazione e creare ricchezza. Si sta andando verso una definizione di enoturista standardizzata in base al lavoro tra Unwto e Oiv che accompagnerà queste ricerche”.
D’altro canto, se ci sono le cantine la vacanza si allunga. I dati evidenziano che la maggior parte dei turisti (circa il 50% tra quelli generici, quasi il 55% tra quelli legati al mondo del vino) si trattengono nei luoghi di vacanza per 2/3 giorni, andando oltre il “mordi e fuggi”: il 31% indica una durata di 4 giorni o più, valore che sale per gli enoturisti al 38%. Tra i wine lover, la metà ha visitato una o due cantine, il 36% almeno tre strutture, ma si osservano valori anche più alti nella classe tra 25 e 34 anni di età.