TerraCostantino, l’Etna bio vissuto in famiglia

di Andrea Guolo

I vini firmati da Luca D’Attoma da degustare con i piatti preparati da Gabriella, moglie del titolare Fabio Costantino. Il tutto nella prima azienda della denominazione ad aver avviato la produzione da agricoltura biologica

Tra le aziende da non perdere in Etna c’è sicuramente TerraCostantino. Si trova nella zona sud est, alle pendici del vulcano, ed è il frutto dell’iniziativa di Dino Costantino che nel 1970 acquistò dieci ettari tra le contrade Blandano e Cannarozzo, a Viagrande, con due palmenti del 1700 e iniziò la coltivazione recuperando le vigne esistenti, alcune delle quali oggi superano i cent’anni di età. Dal 2002, Dino è affiancato dal figlio Fabio, il quale ha dato la svolta all’azienda e dal 2013 Terra Costantino produce i propri vini con la consulenza dell’enologo Luca D’Attoma. Nel frattempo, Fabio Costantino ha sviluppato diverse formule innovative per attrarre visitatori nel territorio, e ha raccontato a Italianwinetour l’unicità di questa azienda fortemente familiare.

Una delle esperienze più interessanti da fare in azienda è quella che prevede, per i wine lover, la pigiatura con i piedi. Come l’avete sviluppata?

Abbiamo la fortuna di disporre, all’interno della proprietà, di un palmento del settecento ancora funzionante, per quanto molto piccolo. E abbiamo pensato, un po’ per gioco e un po’ per conservare l’eredità del passato, di coinvolgere gli enoturisti chiamandoli a pigiare le uve con i piedi, producendo il vino come si faceva un tempo. Poi ci sono anche altre iniziative che fanno della nostra azienda una piccola Disneyland del vino. Ad esempio, il pacchetto che abbiamo chiamato “Enologo per un giorno” e con cui mettiamo a disposizione dei wine lover i nostri vini per realizzare dei blend.

Secondo lei, perché un wine lover dovrebbe visitare proprio la vostra cantina e non altre? Qual è, in sostanza, l’unicità di Terra Costantino?

Dal punto di vista della produzione, l’unicità è che siamo stati i primi ad avere una certificazione biologica sull’Etna e tra i primi a vantare una certificazione di sostenibilità. Cerchiamo, con il supporto di Luca D’Attoma, di produrre vini di grande qualità e in maniera coerente con il territorio. Noi non possediamo le vigne: le accudiamo! Ci prendiamo cura di piante centenarie dalle solide radici che scendono in profondità e che sono visibili anche dall’interno della nostra cantina, attraverso le sezioni che abbiamo lasciato in evidenza per ammirare questo piccolo spettacolo.

Come viene gestita la parte di accoglienza?

Facendo sentire la gente come se fosse a casa. Non abbiamo strutturato un accoglienza da centinaia di persone, puntiamo a gruppi di 20-30 persone al massimo e a volte apriamo la cantina anche per una coppia. I nostri vini sono accompagnati dai cibi della tradizione e talvolta anche dalle verdure dell’orto. In cucina? C’è Gabriella, mia moglie. La cosa più preoccupante è che spesso la gente mi dice che ha apprezzato più il cibo dei vini! E allora, scherzando, penso che le cose siano due: o devo licenziare lei oppure mando via Luca…

Il piatto capolavoro di sua moglie?

Tra i più apprezzati c’è un primo, tipicamente estivo, che viene preparato con un pesto siciliano con pistacchi, pinoli, mandorle e pomodorini. E nel periodo delle fave, una pasta con il macco e il finocchietto selvatico raccolto direttamente da lei.

I futuri progetti per l’accoglienza?

Ci avvaliamo del supporto di Silvia Ghirelli che è una fantastica professionista, anche lei toscana come D’Attoma, e con la quale abbiamo avviato per primi, con Loquis, il progetto Open Winery che è più di un podcast. Si tratta infatti di un racconto, con la voce mia e di mio padre, sulla cantina, sul nostro modo di concepire i vini e alla fine diventa una sorta di audio-guida, preziosa per chi sceglie di visitare l’azienda in autonomia. È la soluzione ideale, per esempio, per le famiglie che vengono da noi con i bambini e possono gestirsi in maniera indipendente senza essere vincolati al gruppo.

VIsite in azienda

L’Etna vive un periodo di gloria, grazie ai suoi vini, con conseguente ritorno per tutto il territorio. Come sta rispondendo la politica? C’è un sostegno alle imprese e a coloro che investono per attrarre visitatori e wine lovers?

A questa domanda rispondo volentieri perché faccio anche parte del consiglio di amministrazione della Strada del Vino dell’Etna. Ci interfacciamo in maniera costante con la politica e con le amministrazioni locali, e i risultati sono altalenanti. Talvolta le amministrazioni locali si dimostrano attente, in quanto consapevoli che gli investimenti dei privati determinano una ricaduta complessiva importante e non solo per i produttori di vino, ma anche per i ristoratori, gli albergatori e tutte le attività economiche. Al tempo stesso, continuano a finanziare iniziative poco significative, locali e prive di una visione d’insieme. Serve una promozione territoriale più forte. E servirebbe, da parte della popolazione locale, maggior sensibilità verso tematiche come, ad esempio, la cura del territorio. So che è brutto parlarne ma in Etna, per quanto meno grave di un tempo, abbiamo sempre il problema dell’immondizia lungo le strade. Ed è il caso di affrontarlo.

A proposito di strade del vino, come ci si muove in Etna?

Abbiamo una vera e propria unicità, il trenino dell’Etna, che permette agli enoturisti di raggiungere il territorio e le cantine. Inoltre, abbiamo finanziato un’iniziativa, il Wine Bus, che preleva i visitatori dal centro di Catania e permette loro di visitare due o tre cantine in un giorno. L’iniziativa nasce sotto l’egida di Strada del Vino e sta avendo un buon risultato, perché permette ai wine lovers di godersi le cantine senza rischiare il ritiro della patente.