Quel che ci è piaciuto di Fine Italy

La prima edizione dell’evento di Riva del Garda ha superato le aspettative anche di chi, come noi, era media partner. Ora però le regioni più importanti devono credere – seriamente – all’enoturismo

di Andrea Guolo

Buona la prima, si dice qualche rara volta in regia. E sul set di Riva del Garda, dove il 28-29 ottobre è andata in scena la “prima” di Fine Italy, è stata declamata la frase tanto attesa dagli attori ovvero, in tal caso, dalle cantine che investono nell’enoturismo.

Buona la prima perché le cantine hanno trovato esattamente quel che le ha spinte all’adesione a questa novità assoluta, consistente in un momento non tanto fieristico, come quelli che in genere promettono incontri top e poi si risolvono in porte aperte agli appassionati per assaggiare calici gratis, ma in un reale confronto con i buyer. Che in questo caso si chiamano tour operator.

Riva del Garda Fierecongressi ha fatto bene il suo lavoro, quello di mettere a disposizione gli spazi fieristici e di offrire un buon livello di servizio a espositori, buyer e stampa. Feria de Valladolid, partner per l’occasione in quanto organizzazione fieristica leader in Europa in quest’ambito (con Fine #WineTourism Marketplace, prossima edizione 3-4 marzo 2026), ha fatto bene il suo, portando i gruppi leader nell’organizzazione di viaggi che comprendono le visite in cantina. In questo modo, le società del vino hanno potuto intercettare un pubblico che raramente è presente alle fiere del vino e più probabilmente presenzia a quelle del turismo, dove però il focus della visita è rappresentato dagli hotel, dalle compagnie di trasporto, dai servizi. In definitiva, mancava in Italia un momento così specifico e così impostato.

Da parte nostra, come Thenews24, con le nostre testate Italianwinetour e Vinonews24 abbiamo coperto i due giorni di fiera in maniera completa, raccogliendo interviste video – tutto il lavoro è già presente sui profili social Instagram, Facebook e LinkedIn – e confrontandoci con le cantine per immaginare un futuro sempre più importante per l’accoglienza nelle aziende del vino. I numeri presentati a Riva del Garda, del resto, hanno evidenziato tutte le potenzialità dell’enoturismo e l’evoluzione in atto nella domanda ma, sulla base del Rapporto presentato da Roberta Garibaldi e Srm (Intesa Sanpaolo), anche i limiti legati all’evoluzione dei canali di offerta, di comunicazione e di accesso alle informazioni in chiave AI, argomento sempre più strategico perché oggi oltre il 30% dei turisti crea il proprio itinerario di viaggio utilizzando ChatGpt, Copilot, Gemini e gli altri software presenti online. Se non ci sei, non sei visibile e non richiami turisti.

Insomma, è chiaro che quello dell’enoturismo è sempre più un business strategico e che i territori, ancor più delle imprese, devono iniziare a fare sul serio. E allora ci chiediamo: dov’erano in questi due giorni le regioni come la Lombardia o l’Emilia Romagna, per le quali Riva del Garda non è poi così lontana – dalla Valténesi, per esempio, ci si può arrivare volendo anche via battello! – invece di presenziare a Fine Italy? Perché nessuna cantina lombarda, emiliano-romagnola, ma anche abruzzese, pugliese, ligure, ha deciso di investire una cifra più che sostenibile per intercettare questa potenzialità di business? Perché in rappresentanza del Piemonte c’era una sola cantina, peraltro molto soddisfatta? Perché dal Veneto, dalla Toscana, non c’è stata un’adesione più massiccia?

Questione di scelte, d’accordo, e anche di fondi disponibili, ma ci sembra di poter dire che l’investimento fatto da regioni presenti in maniera ben più consistente a Fine Italy come ad esempio Campania, Calabria, Sicilia (con Assovini), Friuli Venezia Giulia (con Io Sono Friuli Venezia Giulia) e naturalmente dalla provincia autonoma di Trento che giocava in casa (con Trentino Marketing) è stato premiante e le cantine stesse lo hanno potuto constatare. Ma il beneficio di questo investimento non è circoscritto alle cantine presenti: ricadrà su tutti i loro territori, perché il ritorno economico del turismo portato dai tour operator va ben oltre la vendita di una o più bottiglie di vino. E finché non si capisce questo aspetto, l’enoturismo rimarrà sempre una bella prospettiva e mai un progetto di sistema.

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