L’idea di ospitalità nella tenuta della val d’Adige che ha fatto conoscere al mondo l’interpretazione italiana del taglio bordolese
Questa volta siamo entrati in un tempio del vino italiano. Tale è, secondo noi, Tenuta San Leonardo. E non solo perché qui si fa il vino fin dal 1724 o almeno già da quell’epoca, e forse anche da prima, ma perché in questo tratto della valle dell’Adige, alle pendici dei monti Lessini ma con lo sguardo già proteso verso le vette delle Dolomiti, il taglio bordolese fatto in Italia ha dimostrato di saper reggere la scena internazionale e ha aperto una strada a tanti fenomeni contemporanei. La fama di questo vino, il San Leonardo (affiancato dal più competitivo ma altrettanto valido Terre di San Leonardo) attrae ogni anno migliaia di visitatori nella tenuta di proprietà della famiglia dei Marchesi Guerrieri Gonzaga, e la posizione certamente strategica e ben servita – siamo a pochi chilometri dall’uscita di Avio lungo l’Autobrennero e nel mezzo di una valle tutta da percorrere in bicicletta lungo la pista ciclabile più gettonata d’Italia, quella dell’Adige – contribuisce al successo dell’incoming della Tenuta, che oggi sta vivendo un momento magico sotto il profilo delle vendite, grazie anche all’accordo commerciale per l’estero raggiunto con la società più vivace del panorama italiano e che risponde al nome di Edoardo Freddi. Ed ecco che la situazione in Tenuta ci appare subito molto dinamica, con tanti progetti di espansione in vigna e anche in ospitalità che testimoniano un vivo desiderio di progettare il futuro. Ne abbiamo parlato con Anselmo Guerrieri Gonzaga, classe 1978, che da ormai vent’anni lavora nell’azienda di famiglia, assieme al padre Carlo, e che è certamente il motore di questa svolta internazionale che ha portato San Leonardo a conquistare nuovi mercati e nuove generazioni di wine lovers.
Qual è la vostra idea di ospitalità?
È un’idea “alta” perché l’ospitalità deve essere gestita con eccezionale qualità. In poco più di due ore dobbiamo trasmettere ai nostri visitatori un’impressione destinata a restare nei loro cuori per tutta la vita, e se sbagli non c’è modo di recuperare. Per questo abbiamo scelto di essere “veri”, senza immagini patinate e senza mascherarci sotto l’idea del prodotto di lusso. Ci siamo certamente dotati di risorse qualificate, di personale che sa accogliere i visitatori e parla tutte le lingue necessarie per raccontare in maniera efficace la nostra realtà. Ma non abbiamo voluto creare “passatoie” in produzione per il turista, non abbiamo voluto isolare la produzione dalle eventuali presenze esterne. San Leonardo è vera, non ha segreti, e come tale si vuole manifestare. Un’esperienza sincera e che, alla fine, si rivela di altissimo profilo.
Com’è stata organizzata la visita?
D’estate portiamo i visitatori in giro per la tenuta con le jeep scoperte, degustiamo tanti vini insieme, incluso ovviamente il nostro grande vino San Leonardo. Il costo è piuttosto elevato, ma non volendo penalizzare gli addetti ai lavori e i veri appassionati, applichiamo un super sconto per i sommelier tesserati, i quali pagano la metà. È giusto agevolare coloro che dimostrano di voler chiaramente approfondire la conoscenza del vino.
Enoturismo come vetrina o come fonte di profitto?
Non vogliamo certamente lavorare in perdita, perché abbiamo tanto personale dedicato e da retribuire, ma l’obiettivo non può essere il guadagno feroce. Vogliamo dedicare tempo alle persone, nella consapevolezza che noi investiamo del tempo e loro investono del denaro per visitare la nostra tenuta. È un investimento, perché quest’incontro lascerà una traccia indelebile nella memoria di chi viene a San Leonardo. E se non saremo in grado di imprimere questo ricordo, avremo perso del tempo e diventerà controproducente.
Ami partecipare in prima persona alle visite in azienda?
Si, ma non riesco a farlo sempre. Quando incontro persone che dimostrano vivo interesse, anche se si tratta di un’esperienza ripetitiva, è come raccontare l’azienda per la prima volta, Mi piace in ogni caso salutare gli ospiti, perché sono ospiti di un’azienda che accoglie persone fin dal 1200, quando la tenuta era un punto di riferimento per i viandanti che scendevano dal nord Europa diretti a Roma. Qui, infatti, i frati crociferi davano conforto, già all’epoca, a chi transitava lungo la strada Claudia Augusta.
Quanti visitatori arrivano?
Circa duemila l’anno. Non abbiamo camere, perché la struttura non si presta e perché nelle nostre proprietà ci vivono le maestranze e le persone di San Leonardo, che non vogliamo trasformare in una sorta di Disneyland. Il turismo, quando è eccessivo, ti ruba l’anima. San Leonardo è ancora una casa, è ancora la famiglia che ci vive, è ancora una comunità che ruota attorno a questa terra. San Leonardo è la concretizzazione del concetto che mio padre ha di Chateaux.
Un sogno per il futuro?
Riuscire, appena possibile, ad aprire un ristorante che possa ben rappresentare il territorio, con il maggior numero di prodotti a km zero. Non voglio lo “stellato” bensì un luogo di piacere, con un enorme camino all’interno, parametrato negli spazi e sostenibile dal punto di vista economico. Una trattoria colta e raffinata. Ho già in mente lo chef adatto…