Banfi 2.0, il leader di Montalcino trasforma l’enoturismo

Intervista a Cristina Mariani-May a due anni dall’insediamento come ceo della società. Castello Banfi non più solo come cantina, ma come hub culturale e ricreativo

di redazione

A due anni dalla storica riorganizzazione della governance che ha ridisegnato i vertici di Banfi, l’azienda ilcinese sembra aver identificato la rotta per navigare in un mercato del vino sempre più complesso e polarizzato. E la ceo Cristina Mariani-May non ha dubbi: un driver cruciale della crescita sarà l’enoturismo.

Terza generazione della famiglia Mariani, al timone di Banfi dal gennaio 2023, Cristina Mariani-May ha impresso un cambio di passo decisivo. Il nuovo assetto societario non è stato un semplice rimpasto di poltrone, ma un’evoluzione culturale mirata a rivedere i meccanismi di lavoro e posizionamento. L’obiettivo? “Preparare l’azienda per il futuro”, per riposizionare il marchio nel segmento del lusso accessibile e dell’alta qualità.

Nell’intervista a Vinonews24 – in dialogo con il direttore Giambattista Marchetto che si può ascoltare integralmente nel podcast curato da Federica Borasio – Mariani-May svela che la “vera rivoluzione” di Banfi non si gioca solo nei bilanci o in cantina, bensì nell’immaginario. Emerge il ritratto di una “Banfi 2.0” che sta trasformando il concetto stesso di enoturismo, già a partire dal dopo-Covid. La ceo racconta come il vino, pur rimanendo il cuore pulsante dell’attività, sia diventato il tassello di un mosaico esperienziale molto più vasto, necessario per intercettare i consumatori di domani. E d’altra parte, Banfi registra una crescita più incisiva (anche di marginalità) sull’enoturismo rispetto al vino.

“Il bevitore di vino è una nicchia nel mondo”, ammette Mariani-May con pragmatismo. La sfida, quindi, è catturare l’attenzione di chi non cerca necessariamente l’etichetta, ma un’esperienza. È qui che entra in gioco il “fattore terra”: il visitatore moderno, specialmente quello della GenZ e gli studenti internazionali, arriva a Montalcino “per scappare dalla frenesia urbana”. Non cercano solo il sangiovese, ma la pace degli uliveti, la biodiversità delle arnie, la storia narrata dai vasi etruschi e dai vetri antichi che Banfi custodisce e valorizza (attraverso pubblicazioni annuali).

La visione della ceo è “olistica”: Castello Banfi non più solo come cantina, ma come hub culturale e ricreativo. Dagli eventi sportivi (come l’Eroica e il Brunello Crossing) ai festival jazz, fino all’alta ristorazione (stellata) che spiega il vino attraverso la pasta e la tradizione locale, la strategia è quella di creare un legame emotivo con il territorio. Il vino diventa così la naturale conseguenza di un innamoramento per il paesaggio medievale intatto, patrimonio Unesco, che l’azienda preserva.

Su questi asset Banfi intende reinvestire e investire di più, perché l’enoturismo sembra l’orizzonte futuro del vino.

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